Nella quarta stagione de Il Paradiso delle Signore, i telespettatori hanno avuto modo di conoscere il giovane Rocco Amato, interpretato dall’attore siciliano Giancarlo Commare.
Noi di Tv Soap abbiamo avuto modo di contattarlo per fargli alcune domande sulla sua esperienza nella fiction daily di Rai 1.
Il paradiso delle signore: Tv Soap intervista GIANCARLO COMMARE (Rocco Amato)
Ciao Giancarlo, benvenuto su TvSoap. Io partirei dal principio. Come sei arrivato nel cast de Il Paradiso delle Signore?
Il percorso è stato abbastanza normale e semplice. All’epoca mi trovavo in Sardegna, perché stavo girando su un altro set, e mi sono preparato per fare il provino ed inviarlo. Dopo qualche giorno, è arrivata la risposta che dovevo tornare a Roma per fare il callback, che è stato positivo perché poi mi è stato proposto il ruolo di Rocco e da lì sono iniziate le varie procedure di prova costume, trucco e capelli per definire il personaggio.
Quando ho fatto la prova costume, è stato un momento abbastanza magico: solo con il costume sono riuscito a immaginarmi questo personaggio e a identificarlo; ho capito che dovevo prendere spunto da mio nonno, che ovviamente non è chiuso mentalmente come Rocco ma appartiene ad una generazione passata, a cui lui si avvicina. Prendendo spunto dalla sue movenze e dal suo modo di interagire e parlare con le persone mi sono divertito a costruire Rocco.
Il mio ingresso nella soap, come tutti hanno visto, è avvenuto attraverso la porta di casa Amato. Mi piace pensare che questa cosa sia successa anche nei confronti del pubblico, perché Il Paradiso ti permette di entrare ogni giorno nelle case degli italiani e il fatto di averlo fatto metaforicamente tramite una porta di famiglia mi ha fatto pensare che non potessi chiedere di meglio.
Sul set come ti sei trovato?
Guarda, lo staff, il cast e la troupe mi hanno accolto benissimo fin da subito, hanno dimostrato affetto e stima nei miei confronti. Mi sono sentito a casa. Lo definirei un ingresso in famiglia.
Arriviamo a parlare di Rocco. Cosa ti piace di lui?
La sua tenerezza, sicuramente. Aggiungo poi il suo essere semplice. Trovo meraviglioso che lui si sorprenda di tante cose che per noi, soprattutto al giorno d’oggi, sono semplici e quotidiane. Questo porta Rocco a metterci un po’ di tempo per accettare determinate cose che vede, che sono senz’altro diverse rispetto a quelle del mondo da dove viene e che conosce.
L’aspetto che mi piace di più di lui è davvero la sua tenerezza, soprattutto nei confronti delle ragazze: non sa mai come comportarsi o atteggiarsi nei loro confronti. Ti dico anche che, come avete visto, è un personaggio molto testardo: deve solo capire le cose, ma le affronta appena questo avviene. Questo suo lato mi intriga molto.
Sei siciliano, dialetto che Rocco usa molto. È stato difficile rendere questa sfumatura del personaggio? Perché non è detto che tutti i siciliani conoscano bene il dialetto…
All’inizio, parlando con i produttori e i direttori, abbiamo deciso di andare sul siciliano marcato, proprio perché Rocco veniva da Partanna e non era mai uscito da quel contesto. Abbiamo voluto calcare questa cosa, per poi ammorbidirgli la “parlata” pian piano che lui viveva l’ambiente milanese. Nel primo periodo, era necessario dargli questa caricatura nel siciliano proprio per far capire questa cosa qui.
Non è stato semplice all’inizio: c’è sempre il dubbio che le persone non riescano a capirti, però fortunatamente con il lavoro che abbiamo fatto siamo riusciti a far comprendere tutto ciò che il personaggio voleva esprimere.
Tuttavia, per me non è stato difficile: vengo da un paesino che dista poco più di 20 km da Partanna, per cui il mio dialetto è molto simile a quello che si parla lì. Nella costruzione del personaggio non ho avuto grosse difficoltà perché era una “pasta” che conoscevo molto bene. E poi mi sono ispirato a mio nonno: conoscevo le sue movenze, il suo modo di parlare. Aspetti che poi ho riequilibrato e adattato in Rocco.
Cosa doveva arrivare al pubblico di Rocco?
Gli autori volevano che Rocco fosse un personaggio allegro e divertente, in grado di strappare una risata. Quando fai personaggi di questo tipo, il rischio è sempre quello di cadere nella “macchietta”. Questa è stata una delle mie difficoltà iniziali: avevo timore di non essere credibile. Grazie al lavoro che ho fatto accuratamente, mi sono reso conto che ho fatto diventare Rocco un personaggio divertente e reale, anche per merito del riferimento con mio nonno.
Ad un certo punto, Rocco è stato conteso da Marina (Ludovica Coscione) e Irene (Francesca Del Fa). Personalmente, tu chi preferivi al suo fianco?
Nelle prime puntate c’è stata pure Maria Puglisi, una tipologia di donna ideale per Rocco: ad esempio, da siciliani sono dovuti andare entrambi a Milano per motivi di lavoro e quindi avevano molte cose in comune. Rocco pensava che Maria avesse i suoi stessi principi, ma non gli piaceva che fosse più spigliata rispetto a lui. La ragazza, per un problema, è dovuta poi tornare in famiglia e la storia si è interrotta… Chissà, magari ritornerà e l’Amato potrebbe provare un interesse per lei, dato che è cambiato.
Tornando alla domanda iniziale, tra Irene e Marina, senza nulla togliere alle attrici, ti dico che – avendo seguito tutto il percorso che c’è stato – devo risponderti per forza la seconda. Rocco era disposto a fare qualsiasi cosa per Marina, che non rappresentava il suo ideale di donna, ossia quella che si conformava a determinate regole. Ha perso la testa per lei, non solo per la sua bellezza ma per come era fatta. Inizialmente ne era inconsapevole, lo ha capito pian piano.
Ecco perché poi si è spinto sempre di più: si è dichiarato, è stato disposto ad aiutarla nel lavoro, a fare qualsiasi cosa per stare con lei, persino i fotoromanzi. Era pronto a cominciare una vita al suo fianco, anche se ha messo dei limiti perché certe sfumature di Rocco sono rimaste. Con Marina ha vissuto il suo primo vero amore, quello che non si riesce a dimenticare e che si porterà sempre dietro.
Marina è uscita di scena all’improvviso. Chissà, magari tornerà in futuro…
Certo, ce lo auguriamo tutti. Anche per il bene di Rocco.
Quando è nata in te la passione per la recitazione?
Ero piccolissimo. Dovevo fare una recita natalizia con il catechismo, ma mi vergognavo. Il mio primo ruolo è stato Re Erode, un personaggio cattivo. Non mi piaceva, non riuscivo a vedere questo come un qualcosa di positivo o che mi interessasse. Almeno finché lo spettacolo non è andato in scena. Quando ho attraversato tutta la navata della chiesa, fino al momento prima di andare via, è come se fossi entrato in un altro mondo. Ho vissuto una cosa magica: non mi sentivo io, ma qualcos’altro.
Ti racconto questo aneddoto: in scena avevo un calice, che era quello utilizzato realmente dal prete. Mi avevano istruito nelle prove a far cadere il calice a terra, invece di lanciarlo, per non romperlo. Ebbene, ero talmente dentro a Re Erode che, nel momento in cui dovevo cacciare il servo, ho lanciato il calice addosso al compagno, non curandomi del fatto che si potesse rompere. Fortunatamente mi è andata bene, si è solo ammaccato. Era come se stessi vivendo qualcosa che era lì, ma allo stesso tempo non ero io. È molto difficile da esprimere questo concetto.
Fatto sta che, quando ho terminato la scena e dovevo ripercorrere la navata per andare via, mi sono reso conto di avere vissuto qualcosa di mai provato prima. È come se in quel momento fossi ritornato nella realtà. Quell’emozione indescrivibile mi ha regalato un’energia pazzesca e fuori dal comune, che dentro di me ha fatto nascere qualcosa.
E l’approccio col pubblico com’è stato?
Vedere il pubblico alzarsi in piedi per applaudire e mia madre che piangeva, commossa, mi ha fatto constatare che c’era stata un’emozione, che era come se l’avessi creata io. Non so come spiegarlo. Questa sensazione mi ha permesso di convincermi nel voler fare questo, tant’è che appena è finito lo spettacolo mia madre venne da me per farmi i complimenti e le dissi: “Mamma, ma che cos’è questa cosa? Che vuol dire?“. Mi spiegò che era recitare, fare l’attore, e le risposi: “Bene, allora da grande voglio fare l’attore“. È un ricordo che tengo stretto, è stato bello.
Oltre che ne L’Isola di Pietro, i fan hanno potuto vederti in Skam, serie dal target giovanile e molto social. Mi viene da chiederti: tu che rapporto hai con questi mezzi di comunicazione?
Pessimo, sono l’uomo meno social di questo Paese. Secondo me questi mezzi hanno sia aspetti positivi e sia negativi. Bisogna avere il giusto equilibrio come in tutte le cose. Devo riconoscere che in questo periodo, segnato dalla quarantena, i social ci hanno aiutato molto a rimanere in contatto. Gli aspetti positivi ci sono, per questo continuo ad usarli per diletto e per lavoro.
Francamente, prediligo di più il rapporto diretto con le persone, rispetto a quello che avviene attraverso un social. Sono però anche contento che ci sia questa possibilità per stare a contatto con gli altri e ricevere delle informazioni che, magari, da altre parti vengono censurate.
Ti dico che, dal mio punto di vista, dovrebbe esserci una sorta di politica per quanto riguarda i social, perché a volte le persone si spingono un po’ troppo oltre. C’è troppa libertà nel criticare gli altri, spesso senza nemmeno conoscerli. Questo aspetto qui l’abolirei. La libertà d’espressione ci dev’essere per tutti, ma ci sono anche dei limiti che vanno rispettati per non andare a scalfire la libertà degli altri.
Con la collaborazione di Sante Cossentino per Massmedia Comunicazione