Oggi intervistiamo per voi Alessio Chiodini, tornato da qualche tempo a Un posto al sole per interpretare nuovamente il personaggio di Sandro Ferri.
Ciao Alessio e benvenuto su Tv Soap. Puoi raccontarci i tuoi inizi a Upas?
Venni chiamato ad interpretare Sandro in un periodo non facile per me: la mia famiglia ha sofferto la crisi, ed io, per mantenermi, stavo svolgendo un secondo lavoro in una libreria di un mio amico durante il periodo di apertura delle scuole. Tra un cliente e l’altro ricevetti la chiamata del mio agente, che mi comunicava l’ingaggio tardivo nella soap (ero stato provinato per Scheggia alcuni mesi prima). Sono stato così catapultato in pochi giorni nel mondo di “Un posto al sole” ed in particolare in quello di Sandro. L’inizio non è stato facile perché i ritmi produttivi e lo svolgimento del lavoro di Upas sono molto diversi rispetto a quelli delle fiction e dei film in cui avevo lavorato precedentemente, si viaggia a velocità altissime ed ogni attore deve essere assolutamente autonomo. La fortuna è stata l’aver trovato un ambiente familiare, caloroso ed umile; questo aiuta ogni nuovo elemento ad integrarsi con facilità.
Cosa pensa Alessio di Sandro Ferri?
Penso che Sandro sia dovuto crescere prima del tempo, ha avuto molte difficoltà nel suo percorso di vita, a cominciare dall’assenza di una figura importante come la madre. Credo abbia un bellissimo carattere, semplice, dolce e sensibile, ma dentro nasconde una grande rabbia che spesso si libera quando subisce delle ingiustizie o mancanze di rispetto. Senza dubbio un personaggio interessante.
Cosa pensi del rapporto che Sandro ha col “temibile” padre?
È un rapporto che dopo molti scontri ed incomprensioni credo sia arrivato ad un punto di equilibrio. Non ci sarà mai piena armonia tra i due, troppo diversi come vedute e caratteri, ma Sandro si è guadagnato il rispetto di suo padre e Roberto ha fatto dei piccoli passi verso di lui. Si potrebbe paragonare il loro rapporto attuale ad un piccolo vaso di cristallo che va maneggiato con cura, rischia il danneggiamento con il minimo urto.
Non solo fiction ma anche tanto teatro. Cosa ami del teatro?
Per me il teatro è casa. Artisticamente sono nato a teatro, è li che ho scoperto la mia grande passione per la recitazione. È un luogo magico, dove può avvenire tutto ed il contrario di tutto e c’è gente che si appassiona ad osservare cosa accade, entra in empatia con ciò che sta osservando, forse come in nessun altro posto. Da attore amo il rapporto che si crea con i colleghi e con il pubblico durante la messa in scena, questo scambio continuo di emozioni, il profumo delle tavole di legno, l’applauso, la fatica e la soddisfazione di aver portato a termine il proprio compito, con amore.
Quale ruolo ti piacerebbe interpretare in futuro?
Ho una faccia che spesso mi porta ad interpretare dei ruoli positivi, sarei curioso di affrontare un ruolo negativo, oscuro, cattivo. Come attore mi consentirebbe di lavorare su un qualcosa che in passato rare volte ho potuto abbracciare.
C’è una rappresentazione teatrale che ti è rimasta dentro?
Ogni rappresentazione a cui ho preso parte mi ha lasciato qualcosa, ma se dovessi scegliere ne sceglierei due: la prima è quella in cui ho vestito i panni di un personaggio che forse è stato il più vicino al mio essere, un Rugantino diretto da Marco Simeoli di qualche anno fa, la seconda invece riguarda un docu-spettacolo in cui invece ho vestito i panni di un personaggio come Renato Vallanzasca, estremamente lontano da me. Entrambe, in modo diverso, mi hanno rubato il cuore.
Che genere di rappresentazione preferisci?
Nasco come attore comico, quindi adoro fare la commedia, ma negli anni ho affrontato per lo più lavori drammatici, che mi hanno consentito di crescere come attore, anche se quando affronto un personaggio comico trovo sempre una comodità immediata.
Cosa ti piace del teatro che non ritrovi nella fiction?
Il tempo che viene dedicato alla preparazione delle scene è logisticamente inferiore, c’è meno possibilità di provare e di confrontarsi tra colleghi e registi. La fortuna è trovare attori che abbiano voglia di approfondire il lavoro per renderlo sempre migliore anche al di fuori del set, ma non si è sempre fortunati.
Progetti futuri?
Per ora da qui ad ottobre ogni due settimane, la domenica, sarò al centro studi “Cappella Orsini” di Roma con lo spettacolo “Lovecraft Tales”, basato sui racconti di questo autore americano (Lovecraft). Abbiamo costruito un storia che vede il mio personaggio (Alexander, giovane esploratore) imbattersi in un castello abbandonato dove verrà fatto vittima di una maledizione ad opera di una ragazza, che lo terrà imprigionato facendogli perdere completamente la memoria.
Tornerò in scena nel 2018 con l’ultima tappa di “Fogli d’immenso silenzio”, spettacolo musicale in cui interpreto il poeta ermetico Giuseppe Ungaretti in trincea, per il centenario della prima guerra mondiale.
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