È stato conteso nel tempo da Steffy Forrester (Jacqueline McInnews Wood) e Hope Logan (Annika Noelle), ma il suo attuale nemico numero uno è senz’altro Thomas (Matthew Atkinson). Parliamo di Liam Spencer, il rampollo di Beautiful interpretato ormai da tanti anni da Scott Clifton. Un personaggio, quello di Liam, di cui abbiamo parlato con Scott in persona. Ecco cosa ci ha raccontato.
Beautiful, intervista a Scott Clifton (Liam Spencer)
Scott nelle prossime puntate italiane di Beautiful assisteremo ad un avvicinamento tra Thomas e Hope che, inevitabilmente, si ripercuoterà su Liam. Cosa pensi di questo triangolo?
Hope e Liam si sono feriti a vicenda così tante volte! Parlano sempre di come hanno superato ogni ostacolo, ma è come se il loro credito diminuisse un po’ ogni volta. Anche se Liam è stato fantastico in determinate occasioni, in altre non è stato per niente eccezionale. Thomas ha sicuramente i suoi problemi di salute mentale, che lo portano a spingersi al di là dell’etica, ma ha una cosa forte e in comune con Hope: la passione per la moda.
Thomas è il suo capo, la capisce. Con lei può parlare una lingua che Liam non conosce. C’è sicuramente qualcosa che lega Hope a Thomas e che Liam non solo non ha, ma non riesce nemmeno a capire.
Sicuramente è forte tra di loro anche il legame che hanno con Douglas, no?
Sì, condividono insieme un figlio, del quale Hope ha deciso di essere la madre in seguito alla morte di Caroline. Thomas ha sempre voluto esplorare con Hope quella famiglia che non ha mai avuto. E ha sempre ritenuto che sarebbe stato migliore di Liam, che avrebbe reso Hope felice. Vediamo se andrà così…
In passato hai girato in Puglia in una trasferta della soap. Che ricordi hai di quel periodo?
Quella in Puglia è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Nulla può equiparare l’organizzazione di una produzione che ti porta direttamente in un posto bellissimo come Alberobello, di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Forse se fossi andato lì in vacanza non l’avrei mai conosciuta…
Parliamo un po’ di te. Quando hai deciso di fare l’attore?
Avevo circa otto anni. Mia madre ha messo un libro di Shakespeare sul mio letto. Iniziai a leggerlo e ho imparato anche alcuni versi a memoria. Un amico di mia madre, che era una sorte di attore con una formazione classica ben preparata, ha deciso di venire ogni sabato a insegnarmi Shakespeare. Si chiamava Joseph Parberry.
Un giorno mi ha detto che quello che facevamo, ossia recitare, le persone potevano farlo per vivere. E così, dopo aver quasi costretto i miei genitori a portarmi a dei seminari o a cercarmi un manager, da adolescente ho iniziato a fare audizioni da solo, perché volevo fare l’attore.
E ci sei riuscito. Vorresti che, un giorno, anche tuo figlio decidesse di fare l’attore?
Ovviamente lo sosterrei, ma spero non voglia fare l’attore. Non voglio questo per lui, per un motivo ben preciso: è ingannevole quando gli attori che hanno avuto una carriera di successo ti dicono di non arrenderti perché, se ti impegni abbastanza, allora ce la farai sicuramente.
Non è detto. Questo lavoro è fatto anche di pura fortuna. Voglio dire: ci sono persone che hanno più talento di me, sono più belle di me e che hanno un’etica del lavoro migliore della mia; però magari non sono a Beautiful perché semplicemente non erano nel posto giusto al momento giusto come me. E quindi adesso lavorano, che ne so, in una paninoteca, anche se meritavano di essere dove sono io.
La fortuna gioca un ruolo enorme in questo. Quando ho iniziato, ero un ragazzino; le probabilità di avere una carriera di successo, diciamo, erano una su un milione. Adesso è un miliardo a uno. L’industria diventa sempre più competitiva. E non voglio che la felicità, la carriera o il percorso di vita di mio figlio dipendano dal caso. Perché è vero che potrebbe avere davvero talento, ma non è detto che con quello arrivi necessariamente il successo. Seguici su Instagram.
Con la collaborazione di Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione