È riapparso in scena nelle recenti puntate di Un Posto al Sole per aiutare Silvia (Luisa Amatucci) nella difficile crisi economica de Il Vulcano, ma poche puntate dopo si è trovato a dover gestire anche l’improvvisa perdita della moglie Teresa (Carmen Scivittaro). Una storyline piuttosto intensa per il personaggio di Otello e per Lucio Allocca, il suo storico interprete.
Tra ricordi passati e futuri, l’attore si è raccontato su Tv Soap per svelarci cosa ne pensa dell’apporto che ha dato nel corso degli anni alla soap. Ecco che cosa ci ha dichiarato.
Un Posto al Sole: intervista a Lucio Allocca (Otello)
Ciao Lucio, benvenuto su Tv Soap. Di recente, Otello è ritornato a Napoli per aiutare Silvia a salvare Il Vulcano, ma poi si è ritrovato a dover affrontare il lutto per la morte di Teresa. Com’è stato girare quelle scene, visto che erano un ricordo a Carmen Scivittaro, venuta realmente a mancare?
È stato molto duro; tra l’altro, conoscevo Carmen molto prima di incontrarla sul set di Un Posto al Sole. Giorgia Gianetiempo, l’interprete di Rossella, che nella fiction è la nipote di Teresa, è entrata nel cast quando aveva nove / dieci anni ed è cresciuta sotto i consigli televisivi artistici di Carmen. Così, quando si è ritrovata a fare la scena della lettera, ha fatto piangere lacrime vere a tutti.
Carmen è venuta a mancare intorno a metà agosto. Nella zona di Napoli, tra noi attori, abbiamo potuto salutarla in pochissimi ai funerali. Per questo, quelli che non c’erano hanno vissuto ancora più intensamente il ricordo di Carmen nella ripresa televisiva.
Un omaggio doveroso perché, in fondo, anche Teresa ha fatto la storia della soap…
Certamente. Io sono entrato nel 2003, poco dopo di lei, quindi parliamo di tanto tempo fa. Se penso al personaggio di Otello spero un giorno che si allontani, in bicicletta per il mondo, senza dare notizie di sé. Anche perché penso che è meglio che Un Posto al Sole si risparmi un altro funerale.
A proposito di Otello, che cosa ti piace di lui?
Mi somiglia in un aspetto: rende leggere anche le situazioni che sembrano terribili o irrisolvibili. Porta sempre il sorriso, oltre che il senso dell’amicizia vera, che incarna con Raffaele (Patrizio Rispo), Renato (Marzio Honorato) e Guido (Germano Bellavia). Tutto ciò fa parte della mia natura, non mi devo impegnare molto attorialmente quando si parla di amicizia e affetti. Inoltre, Otello è tifoso del Napoli proprio come me. L’unica cosa che mi dispiace è che Otello sia un ex motociclista; quando si parla di motociclette, mi viene sempre un po’ di nostalgia.
Ah si? E come mai?
Perché io ebbi un incidente, da cui sono uscito abbastanza bene. Una sola volta mi fecero portare la moto in scena con Germano Bellavia dietro. Ricordo che, allo stop delle riprese, io non mi fermai e mi feci una bella passeggiata lungo via Caracciolo con Germano che mi rimproverava, chiedendomi che cosa stessi facendo. Da allora mi hanno proibito di portare la motocicletta e quello mi manca. Un aneddoto che ricordo sempre col sorriso.
Perché, dal tuo punto di vista, Un Posto al Sole piace così tanto al pubblico?
In strada mi fermano sia molti napoletani, sia molti turisti che vengono dalla Francia, dalla Germania e da altri Stati. Mi dicono sempre che colpiscono i temi sviluppati da Un Posto al Sole, come quelli legati alla famiglia, alle crisi di coppia, al rapporto coi figli, passando anche per gli argomenti più seri della malavita e così via. Tutti temi universali, insomma. Ovviamente, a colpire c’è anche l’ambientazione della bellissima Napoli, che piace davvero a tutti quanti, ma le tematiche quotidiane che sviluppa la soap sono comuni a tutti quanti, dal nord al sud.
La gente, quando mi ferma, mi dice questo e io sono abbastanza d’accordo. Il pubblico si identifica facilmente nei rapporti di famiglia che non funzionano, nelle storie di divorzio, nelle separazioni, nei ragazzi che hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro anche con una laurea. C’è chi fa l’avvocato, chi la dottoressa. La soap abbraccia davvero chiunque e tutti hanno questa impressione: da Bergamo a Taranto e così via. L’attualità, che Un Posto al Sole tratta, va al di là del territorio di Napoli perché i problemi del sociale sono uguali dappertutto.
Ti aspettavi, quando hai cominciato a girare, che il tuo personaggio sarebbe rimasto in scena così a lungo?
Quando fui chiamato per questo incontro, uscivo da due serie molto importanti: Lui e lei con Enrico Mutti e Vittoria Belvedere, che ho fatto per due anni, e Una donna per amico. Venivo da una certa esperienza, ma quelle serie erano dei veri e propri film di un’ora e venti. Si lavorava in un’altra maniera, rispetto ai tempi della soap. Per dirti, per quelle fiction non sono mai stato a fare interni allo studio di Roma; eravamo sempre fuori in esterne. Con Mutti abbiamo vissuto più nelle roulotte che negli studi.
Nel momento in cui mi hanno chiamato per la soap, pensavo di dover girare per soli due giorni. Invece mi fecero presente che la cosa sarebbe continuata e che il personaggio sarebbe stato sviluppato. Mi dissero: “Ora ti diamo la Bibbia“. Dato che sono un po’ “stupidotto” in certe cose perché il linguaggio televisivo è diverso da quello cinematografico, risposi: “Ma come? Oltre al contratto devo giurare pure sulla Bibbia?“. L’assistente del provino si trovò quindi a precisare: “Lucio, la Bibbia è la storia del personaggio. Come si sviluppa ecc.“.
E lì c’era scritto che Otello avrebbe appunto incontrato una signora matura che avrebbe sposato. Un racconto vero che ho portato alla luce anche nel libro su Un posto al sole che ho scritto. Non mi è proprio venuto in mente che la “Bibbia” fosse la linea guida del personaggio.
Lavori ormai a stretto contatto con i tuoi colleghi da più di vent’anni. Quella di Un Posto al Sole si può definire la tua seconda famiglia?
Assolutamente sì. Attualmente sono il più anziano sul set; ci sta nei miei confronti un rispetto dovuto alla mia età, ma sto bene con tutti quanti. Ovviamente, con alcuni ci sono dei rapporti più personali come Germano Bellavia e Marzio Honorato. Con il secondo ho fatto teatro insieme dappertutto, persino sotto le tende del circo, e lo conosco da tantissimo; con Germano, quando eravamo in scena anche con il fratello, facevamo un testo in estate con la regia di Virginio Puecher. Con la stessa Carmen ci siamo incontrati da giovanissimi; io facevo le luci in un cabaret di Positano nello spettacolo di Leopoldo Mastelloni.
In ogni caso, ho davvero un buon rapporto con i colleghi: da poco, siamo andati in teatro a vedere uno spettacolo di Marina Tagliaferri e Luisa Amatucci. E ci siamo ritrovati insieme con gran parte del cast. Ci sono davvero dei bei rapporti di stima. Siamo davvero un bel gruppo, ci vogliamo bene. Inoltre, ci sono Peppe Zarbo e Alberto Rossi, a cui sono molto legato.
Ci sono altri progetti, al di là della soap, ai quali ti stai dedicando in questo periodo?
Sì, insegno in una delle scuole di cinema più importanti di Napoli che è la Pigrecoemme. Scuola da cui sono usciti Michele Rosiello, Elvis Esposito, così come tutta le troupe di diverse trasmissioni come Mare Fuori, L’amica Geniale. È una scuola a cui mi dedico molto.
Inoltre, ho un gruppo con cui sto elaborando progetti di corti; abbiamo mandato anche delle sceneggiature per dei concorsi. Una è in finale a Los Angeles. Insomma, mi occupo di questo. Inoltre, quando si scrive una storia, i giovani sceneggiatori e registi della scuola inseriscono sempre un nonno. E io mi metto sempre in gioco per farlo.
Infine, curo un gruppo di studi teatrali; la maggior parte degli iscritti sono laureati in lettere moderne. Uno di questi ha fatto la scuola di cinema ed ha tentato un concorso alla Rai. Ed è stato preso: due posti su 150 domande, di cui quindici preselezionati. Anche se prima o poi dovrò concludere con la Pigrecoemme, perché gli anni passano e la stanchezza si sente.
Immagino sia importante, per te che hai dedicato la tua vita alla recitazione, trasmettere quest’arte agli altri. È un po’ una missione.
Assolutamente, quello alla Pigrecoemme è una sorta di volontariato. Ma riconosco di dare poco ai ragazzi rispetto a quello che mi danno loro. Vengono spesso da me per fare delle chiacchiere sui testi, su dei concorsi. Mi portano delle sceneggiature, chiedono il mio parere per partecipare o meno ai concorsi. Vengono a casa, conoscono mia moglie; diventano amici. Dico sempre loro: “Ragazzi, voi mi ringraziate, ma sono io che devo ringraziare voi“. Quando lavoro con loro, parlo il loro linguaggio; mi hanno levato l’età, non mi sento di essere così vecchio.
Permettimi una postilla: penso che il volontariato dell’arte sia davvero importante; i giovani devono ritornare e le cose più importanti, come il teatro e il cinema, dovrebbero essere materie di studio a partire dalla scuola media, fino ad arrivare al liceo. Non dobbiamo perdere questa tradizione. Ora ci sono le pubblicità che invitano le persone ad andare al cinema; io aggiungo di andare anche a teatro. Affinché i teatri non chiudano, perché sono e hanno fatto la storia. Per questo bisogna parlarne, perché sono cultura.
Con la collaborazione di Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione – Seguici su Instagram.