Intervista all’attrice Samuela Sardo. La ricordate in Un posto al sole e Incantesimo?
Ha fatto parte della storica prima stagione di Un Posto al Sole, grazie al personaggio di Anna Boschi che è stato amatissimo dal pubblico. È stata inoltre il volto di tante fiction di successo come Incantesimo e Orgoglio. Parliamo di Samuela Sardo, attrice che ha fatto la storia della soap partenopea e non solo. Attiva ora soprattutto in teatro, Samuela si è raccontata su Tv Soap. Ecco che cosa ci ha dichiarato.
Ciao Samuela, benvenuta su Tv Soap. Partiamo da una domanda semplice, ma che sicuramente ti avranno già fatto tante volte. Quando ti sei appassionata alla recitazione e hai deciso di fare l’attrice?
È vero, me l’hanno fatta tante volte, ma è sempre divertente raccontarlo. Ho iniziato molto piccola, a cinque anni, per gioco. Mia madre lavorava in banca e aveva una mia fotografia sulla scrivania. Un regista, entrato lì per altre ragioni, l’ha notata, visto che gli serviva una bambina per mettere in scena Casa di Bambola di Ibsen (che si sarebbe svolta in teatro ma che al tempo stesso, come si usava fare negli anni ’80, sarebbe stato trasmessa anche in televisione). Era un modo, insomma, per avvicinare i telespettatori al teatro.
La mia esperienza d’attrice ha preso il via proprio così. Sono dunque andata sul set. E la mia reazione è stata incredibile: c’erano tutte le scenografie con la neve finta. E io, che ero una bambina di cinque anni, ne sono rimasta piacevolmente colpita. È iniziato tutto come un gioco. Prima era un hobby, visto che la mia priorità doveva essere lo studio e la scuola. Ma posso dire che quello per la recitazione è stato un amore a prima vista.
Ovviamente, da bambina ne vedevo solo gli aspetti più ludici e piacevoli, poi è diventato un lavoro vero bellissimo, seppure con le responsabilità e le pressioni del caso. Tutto sommato, però, è un amore che è cresciuto con me. Faccio l’attrice perché sto bene quando recito. Mi piace proprio il momento creativo della scena, quando mi calo nei panni di un personaggio.
Nel corso della tua carriera, hai interpretato tanti personaggi importanti. Il primo, che ti ha aperto le porte della popolarità, è stato quello di Anna Boschi in Un Posto al Sole. Che ricordi hai di quel periodo?
Quello in Un Posto al Sole è stato un periodo particolare, anche dal punto di vista personale. Prima di interpretare Anna, vivevo a Roma con la mia famiglia e avevo 18 anni appena compiuti. La soap, invece, si girava a Napoli e, dunque, mi sono dovuta trasferire. Ciò mi ha fatto fare diversi cambiamenti: in primis, sono dovuta andare a vivere da sola. Probabilmente, se non avessi avuto quell’occasione, sarei uscita molto dopo di casa. Grazie alla soap, mi sono scontrata anche per la prima volta con le responsabilità del mestiere, dato che bisognava confrontarsi quotidianamente con il discorso dell’Auditel.
Essendo la prima lunga serialità italiana, nelle prime riunioni si parlava dell’incognita degli ascolti. Ed io, in quel periodo, vedevo Beautiful, motivo per cui avevo come modello di riferimento le soap americane. L’idea di crearne una italiana apriva davvero delle grandi incertezze. Eravamo spaventati, preoccupati. Non sapevamo nemmeno se saremmo durati oltre il primo mese di messa in onda.
E quando abbiamo visto che il prodotto funzionava, abbiamo sentito un’ulteriore responsabilità derivata dal fatto che si trattava della prima soap italiana, per giunta di successo. Un merito che, ovviamente, comprendeva le sceneggiature, il fatto che si facesse vedere la bellissima Napoli per la prima volta quotidianamente. È stata una sfida vinta, che è andata benone. E di riunione in riunione si andava sempre meglio.
Avete dato il via ad un cult. A prescindere da quanto durerà ancora, e ci auguriamo tanto, Un Posto al Sole è entrata nella storia delle produzioni Rai…
Assolutamente! Giravamo, come accade tuttora, al Centro Rai di Napoli, che era a rischio chiusura perché non c’erano molte trasmissioni al suo interno. È stato un lavoro di squadra, sia con le persone che lavoravano al centro di produzione e sia tra noi attori. Dovevamo mantenere in piedi sia la struttura e sia il nuovo esperimento, ossia la soap.
I primi anni abbiamo combattuto molto sull’orario della trasmissione, finché non si è trovato quello giusto: un insieme di eventi fortunati e vincenti, eventi che hanno fatto sì che la soap a distanza di 25 anni sia ancora in onda.
E del personaggio di Anna, che ancora è amatissimo dal pubblico, che cosa ti piaceva? Capita tuttora di leggere nelle pagine della soap commenti di alcuni fan che sperano ancora nel suo ritorno…
Anna è stata un bellissimo personaggio, sicuramente calzato un po’ addosso a me. Mi sono resa conto, anche negli altri lavori che ho fatto, che tendono a dare sempre a me il ruolo della ragazza della porta accanto. Sono molto affezionata a Un Posto al Sole. Oltre ai commenti, nonostante i lavori lunghi che ho fatto su Rai 1 o Rai 2, c’è ancora gente che mi ferma per strada perché si ricordano di Anna.
All’inizio mi capitava di pensare che la gente mi riconoscesse per Incantesimo, che è un’esperienza senz’altro più recente, invece mi parlavano della Boschi. Le prime volte, confesso che rimanevo scioccata. Mi domandavo come facessero a ricordarsela. Non so da che cosa sia dipeso l’affetto, sinceramente, ma ho questo riscontro: Anna è davvero rimasta nel cuore del pubblico!
Un altro personaggio importante è stato quello di Giulia Donati in Incantesimo, l’unica protagonista che non ha avuto il lieto fine con il suo amato Antonio Corradi (Walter Nudo)…
Sì, l’unica coppia che non ha avuto un felice epilogo, ma anche l’unica confermata per due stagioni. Anche se non è finita bene, dato che alla fine dell’ottava stagione il povero Antonio è morto.
A Giulia sono molto affezionata. Grazie a quel ruolo, ho vinto la Telegrolla D’Oro a Saint Vincent. Ed è stata una grande soddisfazione, dato che si trattava di un voto ricevuto dal pubblico. Ovviamente è importantissimo riceverlo anche dalla critica e ci mancherebbe, ma il voto del pubblico significa che hai un seguito di persone che ti vogliono bene e ti stimano. Motivo per cui è stato per me doppiamente importante. Riconosci che ti fanno entrare in casa loro, che ti danno costantemente fiducia e che, per questo, si adoperano per farti vincere. Per quel premio, che curava Sorrisi, ho davvero sentito la presenza di ogni persona che mi ha votato.
E ci sono altri ruoli, tra i tanti che hai interpretato, che ti sono rimasti nel cuore?
Dal punto di vista dell’esperienza professionale, anche se non ha avuto il riscontro di Un Posto al Sole o di Incantesimo, ti cito l’esperienza in Giulio Cesare, co-produzione americana, francese, tedesca e italiana con Jeremy Sisto, dove sono stata Cleopatra. Ho sostenuto due provini in inglese e, per me, è stata una sfida. Insieme a me, c’erano anche Valeria Golino, Nicole Grimaudo, Richard Harris, Christopher North.
Inoltre, sono molto legata alla serie Crimini, che era composta da diversi film gialli curati da altrettanti registi. Lì ho dato vita ad un personaggio molto divertente, sicuramente diverso da quelli precedenti. L’ho girata subito dopo Incantesimo e nel cast c’era anche Rolando Ravello, un bravissimo attore che adesso cura anche la regia dei film. Si trattava di una ragazza un po’ fuori di testa e sopra le righe che si improvvisava detective.
Prima tendevano a darmi sempre i ruoli della brava ragazza, all’interno di serie sentimentali sul rapporto di coppia e così via, mentre a Crimini mi sono staccata da quel format. Ed è stato piacevole perché più un personaggio è distante da te e più ti diverte. Parte la sua costruzione, lo studi. Se invece è simile a ciò che sei nella realtà, hai ben poco da fare. Tra l’altro, il mio episodio in Crimini si intitolava Terapia D’Urto e abbiamo collaborato con Giorgio Faletti, che aveva scritto il libro. È stato bello poter interagire con lui, che ci dava dei consigli.
Parliamo del presente. A quali progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Ultimamente mi sono dedicata al teatro. Anche se mi era rimasto il pallino di farlo, confesso che avevo un po’ il terrore di recitare “live” davanti ad un pubblico, rispetto al girato che ti permette di rifare la scena. Negli anni mi era stato proposto più volte, ma continuavo a rimandare.
Tuttavia, appena mi sono fermata un attimo, mi è stato proposto di fare uno spettacolo e mi sono detta che forse era destino, motivo per il quale non ho perso l’occasione. E ho scoperto che, dopo tante recite, il timore rimane, anche se scompare dopo due minuti che sei in scena. Ho capito che quando fai teatro ti senti veramente un’attrice, perché dà risalto a tutte le doti che hai e ti dà modo di fare un lavoro sul personaggio che impari a conoscere giorno dopo giorno. Perché ogni recita, anche se fatta ogni sera, è diversa, anche se può sembrare paradossale perché ogni sera le battute e le azioni sono le stesse. Ma è vero che ogni giorno metti qualcosa di diverso e così cambi e costruisci il personaggio.
Questo nulla toglie al cinema o alla televisione, che sono due mezzi bellissimi. Anche se nella maggior parte dei casi i personaggi che interpreti lì non ti danno voce in capitolo, non sono molto malleabili. Nel teatro, un ruolo invece riesci a renderlo più tuo.
Hai ancora un sogno nel cassetto? Una tipologia di film o di spettacolo che ti piacerebbe fare in futuro?
Mi sono sempre sentita un’attrice comica, cosa che né Un Posto al Sole e né Incantesimo mi hanno dato la possibilità di fare. Ho dunque da togliermi questo sassolino della commedia brillante, perché il pubblico televisivo non mi conosce sotto questo aspetto.
In teatro, invece, faccio tanti ruoli comici, che è difficile che agli altri casting mi vengano offerti. In Italia, purtroppo, esiste questo cliché. Se ti inquadrano per una determinata tipologia di personaggio, ti offrono sempre quella. Vorrei quindi, al cinema o in televisione, che il grande pubblico – e non solo gli addetti ai lavori – mi conosca anche sotto questa veste. Vorrei buttare giù questo stereotipo.
Perché secondo te avviene questo?
Forse perché si ha paura che i telespettatori si sentano traditi. Chi magari mi ha visto come Anna Boschi si sente stranito se mi vede in ruolo comico: è come se togliessi loro quell’immagine che hanno di me e che mi ha fatto entrare in casa loro. Il pubblico probabilmente non ci fa caso, ma chi assegna i ruoli tende a darti lo stesso ruolo perché è rassicurante. Ed è questo che mi spinge a desiderare che questa cosa venga sdoganata, anche se sicuramente ci vuole tempo.
Non è sicuramente un problema che coinvolge me, ma anche altre colleghe ben più famose di me. E questo avviene soprattutto in Italia. È stancante e svilente per un attore, che vorrebbe mettersi alla prova, accettare altre sfide, con ruoli diversi. In questo senso, almeno per me, il teatro mi ha dato la possibilità di scegliere. Non si dà importanza al tipo di personaggio per cui sei conosciuto. La gente esce di casa per vedere quella determinata commedia, indipendentemente dall’attore o l’attrice che la interpreta. Tuttavia, preciso che io sto bene in qualsiasi posto dove posso recitare, compresi i set televisivi o cinematografici.
Con la collaborazione di Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione