È tornato in scena, dopo essere stato uno dei protagonisti della fiction quando andava in onda in prime time, per aiutare l’amico Vittorio Conti (Alessandro Tersigni) a fondare la rivista Paradiso Market. Parliamo del pubblicitario Roberto Landi, tra i volti della sesta stagione de Il Paradiso delle Signore con l’interpretazione di Filippo Scarafia.
Noi di Tv Soap abbiamo incontrato proprio Filippo per fargli qualche domanda sul suo ritorno in scena. Ecco che cosa ci ha dichiarato.
Il Paradiso delle Signore 6: Tv Soap intervista Filippo Scarafia (Roberto Landi)
Ciao Filippo, benvenuto su Tv Soap. Sei ritornato a Il Paradiso delle Signore per riprendere il ruolo di Roberto Landi, che avevi già interpretato nelle prime due stagioni della fiction in prime time. Com’è nata l’idea del tuo ritorno?
Credo che i tempi fossero maturi per far ritornare il personaggio. Era passato il tempo necessario per permettere a Roberto Landi di fare un certo tipo di percorso. Sarebbe stato forse prematuro farlo rientrare subito dopo la sua uscita di scena, nella seconda stagione. Sarebbe stato assurdo fargli varcare la porta del Paradiso per uscire e farlo rientrare nella stagione successiva, ecco. Gli hanno dato il tempo necessario per fargli acquisire consapevolezza e maturità in più. Ed eccoci qua.
Cosa dobbiamo aspettarci in questa stagione da Roberto?
Roberto è sicuramente cambiato tanto. È più forte, maturo, più rotondo. A me piace definirlo rotondo perché prima aveva degli aspetti più spigolosi. Se ricordi aveva persino difficoltà a parlare con le persone dell’altro sesso, piuttosto che a rapportarsi con Vittorio. Si sentiva inferiore. Adesso Roberto, nell’arco di questi anni, ha fatto le sue esperienze; come dice Vittorio, si è fatto valere ed è tornato al Paradiso con un bel bagaglio.
Nelle prime due stagioni de Il Paradiso delle Signore si è scoperto anche un altro aspetto di Roberto: la sua omosessualità. Verrà toccata quella tematica?
Penso assolutamente di sì. Mi faccio una domanda: se Roberto fosse stato eterosessuale, non credo che nessuno si sarebbe domandato se la sua eterosessualità potesse essere toccata o meno. Sarebbe dunque assurdo fare il contrario per lui. Il tema degli omosessuali negli anni ’60 era sicuramente più faticoso rispetto a quello che è nel 2021. Per certi versi lo è anche oggi, figuriamoci tanti anni fa.
Sicuramente questo tema va trattato con i guanti. Personalmente, non voglio lavorare su un cliché, che spesso il cinema e la televisione danno su qualsiasi tipo di personaggio. Ad esempio, il serial killer ha una cicatrice sull’occhio perché vuol dire che ne ha fatto tante. L’omosessuale ha dei movimenti più femminili rispetto al macho che cammina con le spalle larghe. Sono tutte stupidaggini colossali. Insieme ai registi del Paradiso, ho deciso di non impostare Roberto in base ad un cliché ma di farlo vivere e coesistere insieme agli altri. Ha sicuramente un modo diverso di relazionarsi con le donne, in questo caso le Veneri, rispetto ai suoi colleghi uomini. Ma è sempre Roberto.
Se con le Veneri a volte può sembrare più spavaldo e con gli uomini un po’ di meno, può capitare anche il caso opposto su un altro argomento. Come del resto succede ad ogni persona. Quello che introduce Roberto è un tema molto importante. Lo trovo assolutamente attuale. Non voglio però che si pensi soltanto che Filippo Scarafia interpreta un omosessuale: per prima cosa, interpreto Roberto, che è libero di amare chiunque egli voglia.
Quali sono le caratteristiche di Roberto che più ti piacciono?
Roberto è una persona di una sensibilità straordinaria. Come avete visto dagli episodi già andati in onda, sembra si sia fatto carico di responsabilità che alla fine non erano sue. Sta aiutando Anna Imbriani (Giulia Vecchio) a nascondersi da Massimo. Questa sensibilità, se vuoi, è anche il suo tallone di Achille. Le persone sensibili, se ci pensi, sono quelle che rischiano di restare coinvolte in qualche guaio. Roberto non si tira fuori di fronte a nessun tipo di sfida che sia lavorativa, che sia emotiva, che sia di amicizia, come nel caso di Anna.
Chiaramente, Landi ha viaggiato. Questo lo ha portato all’apertura della mente. Conoscere altre persone e culture (anche dal punto di vista di moda, dato che al Paradiso si parla del top del costume della Milano degli anni ’60) gli ha dato un’identità forte e chiara. I suoi abiti, a volte, parlano per lui.
Per quello che puoi svelarmi, con quali personaggi interagirà maggiormente Roberto?
In primis con Anna. Nel serale, lei e Roberto non avevano chissà quale rapporto. Lavorando nello stesso ambiente del Paradiso, per forza di cose, condividevano però spazi, tempo, gioie e fallimenti. Landi era presente alla nascita di Irene, la figlia della Imbriani, così come c’era quando Anna ha deciso di costruire la sua casa con Quinto. Anna è una persona alla quale, vuoi o non vuoi, Roberto era già abbastanza legato. Tuttavia, off screen, l’amicizia tra questi due personaggi si è consolidata. Per questo, il mio personaggio avrà molto a che fare con la Imbriani.
Inoltre, interagirò con Beatrice (Caterina Bertone) e Vittorio, interpretato da Alessandro Tersigni, che ormai è la colonna portante del Paradiso delle Signore.
Quando hai preso in mano per la prima volta il personaggio di Roberto, la fiction andava in onda in prime time. Adesso è invece un prodotto giornaliero. Ci sono sicuramente delle differenze a livello lavorativo, no?
Sì. Dal punto di vista dello studio, il lavoro è rimasto lo stesso. Chiaramente c’è molto più lavoro pratico. In una serie che va in onda la sera si girano tre o quattro scene al giorno, adesso può capitare invece di farne anche otto o nove. La mole di lavoro prevista è importante, ma ti consente di non abbassare mai la guardia, di essere sempre sul pezzo, di essere pronto.
Lavorare è stimolante allo stesso modo, anche se può sembrare più faticoso. Anche se alla fine la memoria e la recitazione sono dei muscoli. L’allenamento porta al poter compiere sforzi maggiori con una capacità cardiovascolare migliore.
Il cast del daily del Paradiso, salvo qualche eccezione, è completamente diverso da quello del prime time, di cui facevi parte. Come sei stato accolto al tuo ritorno?
Non ho mai trovato un’accoglienza così familiare come in questa circostanza. Dopo un’ora che ero sul set, già mi prendevano tutti bonariamente in giro, come se fossi sempre stato lì. Questo è chiaramente merito di una coesione che penso si percepisca anche poi sul piccolo schermo. Sono veramente una famiglia, stanno insieme nove-dieci ore per otto mesi all’anno.
È fondamentale questo: se mancasse la stima e la fiducia nel tuo partner di scena, data la mole di lavoro, cadresti in un turbine di giudizio infinito. Anche quando si sbaglia, viene fatto notare con un’amicizia e una fratellanza che non sempre capita.
Secondo te perché Il Paradiso delle Signore piace così tanto al pubblico?
Credo che la fiction infonda un senso di speranza a chiunque la guardi. Ho scoperto che il pubblico affezionato al nostro programma è di ogni età e sesso. Penso che la cosa vincente sia il fatto che comunica un forte senso di amicizia, di coesione, di collaborazione e di forza di volontà. Ogni problema viene affrontato all’interno del Paradiso come se questo fosse una sorta di casa, dove ognuno è libero di esprimersi e dire quello che vuole, così come di fare ciò che vuole.
Il tutto è poi impacchettato da una scenografia straordinaria e da dei costumi pazzeschi, che ti consentono di sentirti ancora più a tuo agio con i personaggi che vedi in televisione.
Lasciamo la fiction e parliamo un po’ di te. Quando è nata la voglia di recitare? È una passione che hai avuto fin da bambino o l’ha scaturita un fatto ben preciso?
Ho sempre voluto fare qualcosa che fosse un pochino fuori dall’ordinario. Da bambino ti chiedono sempre che cosa vuoi fare da grande. Ho sempre risposto di voler fare il medico, il pilota di aerei militare come il nonno, Batman, il pompiere, l’Uomo Ragno. Ad una certa, i miei mi hanno detto: “Guarda, stai facendo un po’ di confusione. Cosa vuoi fare?”. E io rispondevo tutte queste cose perché, nella mia immaginazione, prendevano vita in qualche modo.
Il medico perché vedevo mio padre, che fa il dottore, ma anche la serie televisiva o i film con i medici. Allo stesso tempo, guardavo la serie con Batman, mi appassionava 007. E così i miei, un giorno, mi hanno detto: “Non è che per caso ti piacerebbe farli un po’ tutti?”. Ho chiesto che cosa volesse dire. E, quando avevo quasi 12 anni, mi iscrissero a una scuola di recitazione. Grazie ai miei genitori, che sin da bambino mi hanno sempre portato al cinema e in teatro, stimolandomi in continuazione con questo tipo di arte, è partita questa passione.
Quando sento qualcuno dire che il cinema non gli piace, non capisco. Dico sempre: “Ma come no? Come fa a non piacerti il cinema, quel mondo là”. È il lavoro più bello del mondo. Non potrei pensare a un mondo senza.
Sicuramente sei stato fortunato ad avere dei genitori che hanno appoggiato questa tua passione.
Sì, i miei mi hanno sempre supportato e sopportato. Chiaramente, fare l’attore è un lavoro che ha alti e bassi. Ci sono stati dei momenti dove lavoravo tanto, in altri per niente. Ho sempre trovato da parte dei miei genitori quell’appoggio se avevo bisogno di una spalla su cui piangere o un orecchio con cui sfogarmi, ma poi alla fine mi hanno sempre insegnato a rimboccarmi le maniche e lavorare. Ho fatto anche altri mestieri, oltre l’attore.
Da un lato i miei genitori mi hanno stimolato a coltivare i miei sogni, dall’altro mi hanno anche insegnato che per realizzarli bisogna “farsi il mazzo”.
Oltre a Roberto Landi, quale altri personaggio, tra quelli interpretati, ti è rimasto nel cuore?
Sono un nostalgico. Penso che per tutta la vita risponderò a questa domanda nello stesso modo. È il primo ruolo che ho ottenuto in vita mia. Avevo 18-19 anni compiuti da poco ed era il primo provino che andavo a sostenere. Dopo tre step mi scelsero e per me fu una roba devastante. Piansi tutto il giorno perché non sapevo come gestire questa cosa. Stavo andando a farla davvero. Prima facevo le recite, gli spettacoli in Accademia della mia città, ossia Arezzo.
Ricordo che mi chiamò il mio agente dell’epoca: “Ciao Filippo. Anzi no, forse dovrei chiamarti Marco”. Pensai che avesse sbagliato nome e gli chiesi spiegazioni. “Ti hanno preso”, fu la sua risposta. Devastante, una roba pazzesca. Andammo a girare per quattro mesi su un’isola siciliana con un cast straordinario e una troupe pazzesca. Eravamo tutti giovani. Come prima esperienza, fu bellissima. Il film, che si intitolava Terraferma, era già predestinato ad andare a Venezia, forse agli Academy Awards di New York. È stato davvero un inizio col botto. Anche se il film subì delle variazioni e nello schermo il mio personaggio non ebbe tutto lo spazio rispetto a quello che girammo. Nonostante questo, per me rimane il primo amore, non si scorda mai. È cominciato tutto da lì!
Con la collaborazione di Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione
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