Da tanti anni, Veronica Mazza è l’interprete di Cinzia Maiori, uno dei personaggi inseriti nella linea comedy di Un Posto al Sole. Attualmente, Cinzia sta cercando di conquistare il ricco “barone” Cotugno (Walter Melchionda); nell’attesa di sapere se ci riuscirà, noi di Tv Soap abbiamo contattato Veronica per farle alcune domande.
Un posto al sole: Tv Soap intervista VERONICA MAZZA (Cinzia Maiori)
Salve Veronica, Cinzia è inserita nella linea comedy di UPAS. Come si trova ad interpretarla?
Mi trovo molto a mio agio ad interpretarla. Soprattutto perché vengo dal teatro e da tante interpretazioni comiche e brillanti. Quello di Cinzia è un ruolo che mi è congeniale. Sicuramente il mio personaggio è nato più ingenuo ed anche più “buono”. Adesso, gli autori gli stanno dando questa chiave più maliziosa, però io come attrice mi metto sempre al servizio della scrittura. Sono dunque sicura del fatto che piacerà anche questa versione un po’ più “dark” di Cinzia.
Quindi vedremo altre svolte negative da parte sua nelle prossime settimane?
No, dai. Diciamo che la negatività nella commedia non è mai eccessiva. Cinzia si arrabatta per la crisi economica e cerca di spuntarla laddove vede delle possibilità. Intravede quindi nella relazione con Cotugno un modo per farcela. Col tempo, c’è da dire che troverà altre qualità in lui, anche se ci sarà sempre la sfida tra donne, soprattutto con Bice (Lara Sansone). Ci sono in questa trama tutti gli elementi della commedia: la donna più forte, l’uomo più debole, la competizione tra donne per l’uomo ricco.
È una svolta divertente che senz’altro piace al pubblico…
Sì, anche perché noi di Un posto al sole siamo un po’ unici. È l’unica soap in Italia che inserisce questo lato comedy; in Italia è stata la pioniera, anche se adesso Netflix e le varie piattaforme propongono produzione piene di comicità. Era comunque giusto che UPAS avesse delle linee narrative divertenti: essendo ambientata a Napoli, non poteva non tenere presente la linea comica che appartiene alla tradizione, alla verve e alla cultura napoletana.
Lei è felice di far parte del cast di Un posto al sole?
Moltissimo, ne sono onorata. È una macchina perfetta dove tutti lavoriamo molto bene. C’è una grande collaborazione tra i colleghi e c’è un reparto tecnico di grande efficienza. Sono senz’altro felice perché riesco a lavorare in televisione, a entrare in tv nelle case italiane facendolo nella mia città, senza il bisogno di trasferirmi altrove. Riesco a crescere i miei figli dove sono nata e posso lavorare nella scatola magica degli italiani, la televisione!
Il pubblico conosce Cinzia da ormai 13 anni. È un po’ un volto storico della soap. C’è una trama di questa donna che le è piaciuta maggiormente?
Il periodo della relazione sentimentale con Guido (Germano Bellavia). Quando era più romantica, nel momento in cui il Del Bue è andato a rapirla sull’altare. È stato molto coinvolgente: venivo dal teatro, che è fatto di grandi entusiasmi, ma non avevo ancora vissuto la popolarità del pubblico. All’epoca, Cinzia era più ingenua, più lontana dalle mie caratteristiche di donna. Ci lavoravo in una maniera diversa come attrice. Ha avuto un’inizio delicato, più goffo. È stata la parte più tenera di lei. Adesso è un po’ una virago e neanche questa mi somiglia fino in fondo, però sicuramente sono più tra le donne forti rispetto a quelle ingenue.
E attualmente come sta vivendo la “nuova” svolta di Cinzia?
Devo dire che ultimamente mi stanno scrivendo delle critiche “cattivelle”, però cerco sempre di farle passare con leggerezza, allegria e mai come antipatia. Faccio sempre attenzione che il mio personaggio appaia più in difficoltà economica, più in competizione, più offesa, ma mai cattiva e spregevole. Ecco, su questo faccio grande attenzione.
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Come affronta la popolarità che Cinzia le sta dando?
La popolarità ha tanti gradi. Se pensiamo agli attori americani, noi ci consideriamo sempre meno importanti di ciò che magari gli altri immaginano. È sicuramente piacevole: a volte l’essere popolari ti concede dei piccoli privilegi e l’essere conosciuti in luoghi semplici – dal ristorante alla posta – garantisce un sorriso in più, una piccola occasione di gentilezza. Però null’altro. Personalmente, mi fermo sempre a parlare con tutti del personaggio, scatto foto in compagnia di chi me lo chiede.
Tuttavia, ci sono anche dei momenti in cui la fama risulta un po’ più pesante. Ad esempio, quando mia nonna è stata ricoverata in ospedale per farsi mettere alcuni punti, c’era maggiore attenzione sulla mia presenza lì piuttosto che su di lei. Queste però sono cose che durano pochi minuti. La gente rientra nei suoi ranghi e tutto finisce. L’importante è saper gestire tutto il bene e il male della fama con grande gentilezza.
A proposito di popolarità, secondo lei perché UPAS è così amato dal pubblico? Cos’ha in più rispetto ad altri prodotti?
Non lo so. È un’alchimia perfetta, che alcune opere hanno e altre no. C’è la bellezza e la verve di Napoli che affascina tutte le svolte comiche: da Patrizio Rispo a quella di Germano Bellavia. Inoltre, c’è tanta quotidianità e la capacità di rimanere sempre attuali. Merito di un grande lavoro di scrittura: ci sono le problematiche dei giovani, quelle adolescenziali. Il pubblico ama anche il fatto che si vada di pari passo con il calendario. Le persone sentono di fare parte di una comunità, quella di Palazzo Palladini, e tengono a noi come se facessimo parte della loro vita. Dipendesse da me, allungherei un po’ la durata delle puntate.
Quello di UPAS è un successo irripetibile: una soap così lunga si è vista soltanto in America. Dallas, Beautiful, Sentieri per citarne alcune. Tuttavia, c’è da dire che non sempre questa “ricetta”, questa formula vincente, riesce. Mi viene in mente Agrodolce, che col tempo finì proprio perché non ebbe un grosso successo. Uno dei miei sogni più grandi, legati ovviamente a UPAS, è quello di entrare nella sigla dei personaggi fissi: renderebbe più visibile il mio nome e renderebbe Cinzia uno dei “pilastri” per la storia.
Parliamo un po’ di lei. Quando si è avvicinata al mondo della recitazione?
La mia è stata una scelta. Quando avevo otto anni ho visto una mia cugina partecipare ad un evento teatrale drammatico e questa cosa, in quel momento, mi ha folgorato. Inorgoglita ed emozionata dal fatto che questa mia parente fosse la protagonista dello spettacolo, mi così fatta prendere dalla passione per il mondo del teatro, che collimava con il mio amore per la poesia, per la letteratura, per l’italiano come materia scolastica. In seguito, ho fatto il liceo classico.
L’idea di appartenere ad un mondo intellettuale e artistico era una cosa che mi dava grande soddisfazione. Provengo da una famiglia di medici: mio padre, che purtroppo non c’è più, era un cardiologo, mentre mia madre un’anestesista. I miei mi portavano a cinema e a teatro, ma non c’era una spasmodica passione dei due. Con la famiglia capitava di frequentarli (tant’è che siamo andati al Teatro Antico sia in Sicilia e sia a Pompei) ma non in maniera estrema, per cui era naturale che facessi l’attrice. Mamma e papà, che erano molto istrionici, hanno appreso con sorpresa della mia passione. Ad ogni modo, la capacità di comunicare faceva parte della mia famiglia.
So che ha lavorato anche come giornalista pubblicista…
Si. Ho collaborato anche con Il Mattino quando c’erano sedi distaccaste in provincia, perché sono cresciuta a Nola. Quando sono arrivata all’età della decisione, volevo però frequentare l’Accademia Silvio D’Amico. Spronata da mia madre, che un po’ temeva che la febbre di essere artista un domani mi sarebbe passata, mi sono laureata in Scienze Politiche e Diritto Internazionale con 110 e lode, ma ho preso anche un diploma triennale, grazie ad una borsa di studio, all’Accademia del Teatro Bellini di Napoli.
Da lì sono stata introdotta in una realtà professionale molto seria: ho incrociato Renato Carpentieri, che ha dato via ad una nuova generazione di attori, ed ho incontrato il regista e attore Eduardo Tartaglia, che poi è diventato mio marito. All’epoca lui lavorava con Carpentieri nella cooperativa Libera Scena Ensemble. Con Eduardo ho poi fondato una compagnia e ciò ha portato alla nascita di un progetto di vita: ci siamo sposati, abbiamo fatto due figli, quattro film. Abbiamo una storia di venticinque anni tra vita e spettacolo.
Ha qualche progetto in ballo?
Oltre al mondo del teatro, sono diventata un’imprenditrice: ho una produzione teatrale, gestisco uno spazio teatrale a Napoli e, soprattutto, mi occupo di consulenza aziendale: faccio corsi di public speaking, mi occupo di comunicazione aziendale. Faccio tante cose: presento eventi e sono coinvolta in tante attività, sempre nell’ambito della comunicazione.
Tra l’altro, la mia impresa teatrale ha vinto un bando europeo di concorso per la realizzazione di un museo virtuale sulla commedia napoletana di fine ‘800 – inizio ‘900. Tratterà il teatro dalla maschera di Pulcinella fino alla riforma che opererà Edoardo Scarpetta, eliminando questa figura dalle commedia. Covid permettendo, il progetto vedrà alla luce il prossimo anno, anche perché c’è tanta burocrazia dietro. Dipendiamo un po’ dagli scienziati, dagli eventi, da chi trova prima il vaccino.
Sicuramente il mondo del teatro è in grande difficoltà e tra le tante cose io mi occupo, insieme ad altri colleghi, di far parte di collettivi e associazioni per combattere per la tutela di quella che è la nostra categoria. Siamo presi da questo colloquio con le istituzioni perché riconoscano ai lavori dello spettacolo un reddito di sopravvivenza in un momento del genere e probabilmente anche una dignità lavorativa maggiore. Molto vengono tutelate le società di produzione, molto meno gli attori nello specifico.
Con la collaborazione di Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione
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