In Mare Fuori, la fiction in onda attualmente su Rai 2, è la giovane Carmen, ragazza madre e fidanzata con Matteo, uno dei detenuti rinchiusi nel carcere in cui è ambientata la serie. Parliamo di Giovanna Sannino, che noi di Tv Soap abbiamo contattato per rivolgerle qualche domanda sul personaggio che interpreta.
Ciao Giovanna, in Mare Fuori sei Carmen. È stato un personaggio difficile da interpretare? È una ragazza che ha una storia un po’ pesante alle spalle…
Sì, Carmen ha un vissuto abbastanza pesante perché comunque è una ragazza madre, lasciata sola dal ragazzo (rinchiuso in carcere) e che vive a casa di lui perché è stata cacciata da suoi. È una realtà completamente lontana e diversa dalla mia, quindi è stato difficile dover conoscere un personaggio che mi apparteneva molto poco. Allo stesso tempo, è stata molto interessante da interpretare perché analizza delle situazioni, delle realtà che sono completamente diverse da me.
È stato sicuramente un lavoro molto più complicato, ma dinamico. Non è facile rappresentare chi ti è completamente estraneo nella realtà. È un lavoro di ricerca molto più divertente rispetto a un personaggio che magari ti appartiene di più ed è vicino al tuo vissuto.
Quali sono, secondo te, i punti di forza di Carmen?
Guarda, posso dirti che Carmen avrà poco spazio in questa prima stagione di Mare Fuori, ma secondo me i suoi punti di forza sono molto pochi. Lei si aggrappa a tutto quello che ha intorno, al bambino che porta in grembo e al suo ragazzo Eduardo (Matteo Paolillo) che considera il suo uomo, il suo pilastro e punto di forza, anche se conduce una vita completamente sbagliata.
L’abbiamo citato. Come ti sei trovata sul set con Matteo Paolillo, il tuo partner di scena?
Benissimo. Matteo l’ho adorato perché, quando siamo arrivati sul set, abbiamo fatto una scena abbastanza complicata e non ci conoscevamo assolutamente. Pensa che non ci siamo presentati nemmeno coi nostri nomi, Giovanna e Matteo, abbiamo avuto davvero poco tempo per entrare in confidenza. Lui è molto giovane ma preparato. È una persona disponibile, socievole, mi sono trovata benissimo e lo sento ancora. Siamo rimasti in ottimi rapporti. Si è creato un bel feeling tra di noi, una bella amicizia.
Come sei arrivata nel cast della fiction Mare fuori?
Ho fatto cinque provini per il ruolo di Carmen, grazie a Cinema Fiction che è stata la mia scuola di recitazione e cinema a Napoli. Non la frequentavo più da un anno, ma mi hanno contattata perché sapevano del provino per Mare Fuori. Dopo ne ho fatto altri quattro, così al quinto ho incontrato il regista Carmen Elia.
L’hai citata, la Cinema Fiction. L’hai conosciuta per caso?
Sì, è stato davvero tutto molto casuale. Ho iniziato quando avevo 13 anni. Volevo fare una scuola di recitazione cinematografica. Ho conosciuto la Cinema Fiction perché, all’epoca, ho trovato un volantino per terra. Ho quindi chiamato, preso un appuntamento per un provino e ho avuto la possibilità di conoscere Antonio Acampora e Armando Ciotola, i due maestri. Siamo entrati subito in sintonia. Fondamentalmente perché sono molto logorroica e se mi dai l’input non finisco più di parlare. Abbiamo passato tutto il pomeriggio a chiacchierare, ho fatto il provino ed è iniziato il mio percorso in quella scuola.
Quindi fare l’attrice è sempre stato uno dei tuoi sogni?
Assolutamente sì. Da quando avevo quattro anni, visto che ho fatto teatro fin da bambina. Devo dirti che anche i miei genitori l’hanno sempre fatto un po’ per passione in determinati periodi, e quando erano ragazzi per lavoro. Era quindi inevitabile che mi trasmettessero questa cosa.
Mare fuori è ambientato in un carcere minorile. So che hai fatto un laboratorio teatrale a Nisida, un altro carcere minorile. Immagino ti sia servito per la fiction…
Credo che Nisida segnerà tutte le cose future che farò, sia a livello di recitazione e sia per qualsiasi altro tipo di lavoro andrò a fare un giorno. Ha cambiato il mio modo di pensare, di guardare una persona, di pormi nei confronti delle cose. Io e mia madre abbiamo fatto questo laboratorio di alfabetizzazione emotiva e ovviamente ascoltare i ragazzi parlare, sentire una parola detta piuttosto che un’altra, vedere un gesto, un movimento, come loro si rapportavano tra di loro e con me, mi ha aiutato non solo a capire il personaggio ma anche la storia in generale di Mare Fuori, per guardarla anche con un occhio un po’ più critico.
Quelli che sono rappresentati nella fiction sono i ragazzi che ho conosciuto realmente e comunque, oltre che per il personaggio di Carmen, stare lì mi è servito per cambiare il mio modo di pormi nei confronti della vita. Questi ragazzi a cui pensavo di dover insegnare tante cose, dalla mia piccola esperienza, hanno lasciato più cose a me che io a loro.
So che sei stata impegnata per tanto tempo in un progetto, Mirea. In che cosa consiste?
È un progetto che definisco miracolato. L’abbiamo cominciato nel 2016 e l’abbiamo concluso a luglio di quest’anno. Ci siamo dovuti interrompere diverse volte, anche prima del lockdown. Parla sempre di Nisida ed è molto simile a Mare Fuori. È la storia di questa ragazza che, attraverso l’arte, si salva. Anche lei va in carcere ed è vittima del sistema.
È una storia di speranza: attraverso l’arte e l’amore riesce a salvarsi e a non ricadere nel circolo della vendita della droga e queste cose qui. È un docufilm che racconta cosa succede a Nisida, come questo penitenziario si preoccupa dei suoi ragazzi, perché ho sempre detto che non è un carcere ma un riformatorio che ti dà diverse possibilità. Dietro il personaggio di Mirea c’è un mondo che vuole raccontare cosa succede a Nisida, prima e dopo.
Sei giovanissima. C’è un sogno che speri alla lunga di realizzare?
Il mio sogno artistico è quello di conoscere Sorrentino e, dopo di lui, Muccino. C’è una sorta di filo rosso che lega me e Sorrentino. Perché lui va nel mio parco ed è stato amico di mia madre da ragazzo, ma si sono persi. Adesso sta girando un film in quello stesso parco, per questo parlo di questa sorta di filo rosso del destino che, in qualche modo, ci lega. Spero di incontrarlo un giorno.
È il mio sogno artistico perché mi piace il suo modo di descrivere le cose, di non buttarle le cose. Non solo perché ha vinto l’Oscar, ma perché ha un modo di raccontare diverso e dettagliato. Ha uno stile suo ben riconoscibile.
So che hai anche scritto un libro…
Esatto. Si intitola Non sempre gli incubi svaniscono al mattino e la presentazione sarà a fine ottobre. È una storia autobiografica, parla di un periodo nero della mia famiglia, con un problema con la giustizia che ci ha coinvolti. Ero molto piccola quando è successo tutto quello. Ho iniziato da piccola a scrivere un diario che ho trasformato un racconto ed è diventato un libro. Vediamo se poi succederà qualcos’altro.
In collaborazione con Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione