Da diversi anni, noi di Tv Soap incontriamo spesso e volentieri gli attori del cast di Un posto al sole (e continueremo a farlo); stavolta invece abbiamo il piacere di intervistare per voi un componente della soap forse un po’ meno conosciuto dal grande pubblico rispetto agli interpreti, ma che ha egualmente un ruolo fondamentale riguardo a quel che vediamo ogni sera dai teleschermi di Raitre.
Si tratta del musicista e produttore artistico Antonio Annona, che fin dall’inizio è il compositore delle musiche originali della soap opera partenopea. Un’occasione per ripercorrere la sua carriera – che lo ha visto collaborare, tra gli altri, anche con Pino Daniele – e per scoprire qualche segreto della colonna sonora di Upas, a partire dal tema musicale ricorrente che da qualche tempo conclude spesso le varie puntate. L’intervista è di Stefano Telese, con la collaborazione di Sante Cossentino.
Da qualche mese ascoltiamo un nuovo tema musicale epico che accompagna le scene finali e a volte iniziali. Com’è nata l’idea?
Il tutto nasce da un’idea del produttore creativo Fabio Sabbioni, che mi accennò questa idea di inserire una musica che accompagnasse il susseguirsi delle storie. È stato davvero positivo per me, perché mi ha dato la possibilità di sperimentare nuovi generi.
Com’è legata la musica alla narrazione?
Ogni storia spesso finisce con un accompagnamento musicale di circa quindici secondi, che viene adattata a seconda del tipo di scena. Questa nuova chiave di lettura è bella e mi entusiasma davvero tanto: c’è una continua ricerca per rendere tutto più coerente ed emozionante.
Com’è nato questo tipo di musica?
Nasce quando hai un contatto diretto e frequente con il produttore creativo Fabio Sabbioni e lo scrittore Paolo Terracciano. Quando c’è un confronto continuo, c’è solo da lavorare per far diventare le idee, note e musica.
Facciamo un salto di 21 anni. Hai scritto la sigla. Come nacque?
Nacque un po’ per caso. Seppi che c’era la possibilità di scrivere una sigla per una soap opera che sarebbe stata girata a Napoli. Presentai questa demo. Il titolo della soap, Un Posto al Sole, si conosceva già. Il testo è di Bruno Lanza. Ricordo che feci il provino con la mia voce e vi posso assicurare che canto davvero male. In seguito poi, nacque la versione cantata da Monica Sarnelli e Carlo Famularo. Passarono una ventina di giorni e mi comunicarono che la mia demo era stata scelta come sigla di Un Posto al Sole. In un secondo momento, poi, mi fu data la possibilità di incidere musiche di accompagnamento. Accettai, anche se era un modo di fare musica completamente diverso dal mio di quel tempo.
Che ricordi hai dell’inizio di Upas e dei primi anni?
Dei primi anni, di quegli anni, ricordo una grandissima ansia positiva. Ero ovviamente più giovane e consegnare tutto in soli tre giorni non è stato affatto facile. Non avevo un archivio di musiche di accompagnamento e, timidamente, ho iniziato a comporle. Poi man mano, chiaramente, ho iniziato a capirne i meccanismi e ad avere un’esperienza tale da vivere il tutto con più serenità.
Ti capita di cantarla o sentirla canticchiare in giro dopo tanti anni?
Mi capita spesso di ascoltarla per strada, incontrare persone che ne canticchiano il ritornello. E devo essere sincero, tra le tante cose scritte e realizzate questa della sigla di Un Posto al Sole è l’unica cosa che non mi ha mai scocciato. C’è una sorta di magia e, nonostante la senta e risenta più volte, non mi è mai venuto da dire: “basta, non riesco proprio più a sentirla!”. Altra cosa che ho potuto constatare è che piace davvero tanto ai bambini. Addirittura ci sono degli amici di famiglia che mi hanno “costretto” ad inviare loro spezzoni di sigla da poter mettere all’occorrenza per far mangiare i propri figli.
Guardi la soap?
Assolutamente sì. Devo essere sincero: non la seguo tutti i giorni, ma spesso e volentieri la guardo ed approfitto per valutare la coerenza della mia musica con le immagini che vedo, in maniera tale da poter trarre spunti utili per i lavori futuri. Questo mi aiuta davvero tanto.
Quali sono i tuoi personaggi preferiti e a quali storie ti appassioni?
Sono affezionatissimo a tutti gli attori, per così dire, storici. Ad esempio, ricordo una piccolissima Claudia Ruffo che, accompagnata dai genitori, era agli inizi mentre io ero lì a presentare la mia demo per la sigla. Ecco, se devo proprio dirla tutta, quegli attori li, per me, non si toccano. Sono un pezzo di cuore. Ad essere sincero, devo fare i complimenti ai produttori perché le “nuove leve” sono davvero di alto livello e danno a me la possibilità di confrontarmi con le nuove generazioni e quindi di lavorare su nuovi prodotti musicali da adattare alle loro storie.
Le storie che mi appassionano di più sono quelle cariche di tensione. Ad esempio, ricordo quando ci fu il rapimento di Angela. Le musiche di quel periodo erano veramente accattivanti. Infatti, nonostante si tratti di un prodotto a puntate, la qualità del girato può tranquillamente essere paragonato a prodotti che costano dieci volte di più.
Hai anche partecipato a un episodio in una scena al caffè vulcano. Che anno era? Che ricordi hai di questa esperienza?
Sinceramente non ricordo l’anno, ma sono passati davvero tanti anni. Mi sono divertito molto. Stare sul set, con gli attori, vivere la preparazione ad ogni scena è stato bello e divertente. Interpretare me stesso, poi, mi ha dato soddisfazione. Erano quelli gli anni in cui ero in giro per concerti con Pino Daniele ed avevo diretto diversi artisti a Sanremo, e quindi avevo anche una certa notorietà.
Qual è il tuo legame con la musica?
La musica per me è prioritaria. Nella mia vita ci sono la famiglia e la musica, e questo la dice tutta. Sono un figlio d’arte: mio padre, Vittorio Annona, era un autore di canzoni napoletane e sin da piccolo ho vissuto questo legame forte con la musica.
Questa intervista nasce con Un posto al sole ma la tua carriera è lunga e luminosa. Come nasci come musicista?
La mia passione per la musica nasce da bambino. La mia casa era frequentata da musicisti ed artisti. Ricordo che tutto iniziò quando mi fu regalato il mio primo pianoforte. È da lì che ho iniziato a strimpellare con amore ed entusiasmo, perché – come in tutto ciò che si fa – se non c’è amore ed entusiasmo non si va da nessuna parte.
Quali sono state le tappe fondamentali e i momenti più importanti?
Il mio primo Sanremo come direttore di orchestra per Joe Barbieri è stato un momento importantissimo. Ricordo ancora la paura enorme che c’era in quegli istanti. L’orchestra, l’ambiente che c’era era incredibile. L’idea che quaranta persone sono li, maestri di musica, che aspettano un tuo movimento per suonare il proprio strumento mi emozionò particolarmente. La soddisfazione più grande è stata quella di dirigere Gigi D’Alessio al suo primo Sanremo nel 2000. Era la prima volta di Gigi a Sanremo, e con la canzone “Non dirgli mai” si può dire che il prodotto “Gigi D’Alessio” fu esportato al di fuori del centro-sud ed aver fatto parte di tutto questo mi riempie, ancora oggi, di grande orgoglio.
Con quali artisti hai collaborato e con quali sogni di lavorare ancora?
Ho lavorato con Nino D’Angelo per la canzone “Vai”, che partecipò al Sanremo del 1986. Fu una delle prime volte in cui Nino ebbe la possibilità di far sentire la sua musica a largo raggio. Ho diretto l’orchestra di Sanremo anche nel 1996, per Gigi Finizio. Quell’anno Gigi portò a Sanremo la canzone che scrivemmo insieme, “Solo Lei”, che lo lanciò alla ribalta nazionale. Ho avuto collaborazioni anche con Valentina Stella e Belen Rodriguez. Ed infine, poi, ho lavorato con Pino Daniele negli anni ’90. In quegli anni ho vissuto la gioia di stare accanto alla musica. Pino Daniele, come spesso ripeteva mio padre, era musica e poesia. Un vero poeta! E l’essere accanto a lui in quegli anni mi ha davvero sconvolto la vita. Ricordo che, prima di conoscerlo, nelle discoteche finivo le mie serate mettendo i suoi dischi, e ritrovarmi qualche anno dopo su di un palco insieme a lui, per la prima volta, mi ha commosso. Era un misto di incredulità ed ammirazione per quello che poi sarebbe diventato un pezzo di storia della musica.
Se sogno ancora di lavorare con qualcuno? La risposta è semplice: sogno di lavorare ancora una volta con Pino. Un giorno, chissà, potremmo di nuovo essere l’uno di fianco all’altro e suonare insieme qualche nota…
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
In questi mesi continuerò questo progetto messo in piedi insieme al produttore creativo di Un Posto al sole. Per arrivare al risultato finale che viene visto ed ascoltato ogni sera in tv ci vogliono mesi e mesi di lavorazione. Quindi, mi concentrerò su nuovi brani che verranno poi inseriti all’interno di UPAS.
È la settimana di Sanremo. Che ne pensi di Carlo Conti?
È un presentatore che ha un’esperienza, per così dire, “baudiana”. Penso bene di Conti e credo che una persona come lui, che durante l’anno ha continuamente a che fare con la musica (vedi anche la sua trasmissione “Tale e quale”), ce l’ha nel DNA. Credo sia la persona giusta per questo ruolo. Inoltre, ho appreso con piacere la notizia che Maria De Filippi faccia parte di questa edizione. Mi auguro che, così come la Rai apra le porte a persone dello spettacolo di Mediaset, anche la stessa Mediaset possa un domani aprire le braccia ed accogliere artisti della Rai.
E cosa pensi dei ragazzi lanciati dai talent?
Penso un gran bene, perché si dà vita a nuove generazioni. Forse l’unica cosa che non condivido è il fatto che i giudici di questi talent fanno il bello ed il cattivo tempo. Sono legato alla vecchia scuola, alle vecchie case discografiche in cui c’era qualcuno super partes, che – dopo aver analizzato il prodotto in tutte le sue sfaccettature – decideva se sposare o meno un progetto ed un cantante. Ed una volta deciso ciò, investiva su di te per diversi anni. Oggi, invece, non è più così. In pochi minuti ti viene concessa l’illusione di poter fare qualcosa di importante, e poi in realtà non riesci in ciò che sogni. Mi auguro davvero che tornino le case discografiche.
Infine, che ne pensi dei nuovi generi musicali e delle nuove sonorità?
Sono una persona che riesce ad uscire fuori dal proprio lavoro. Ascolto tutto e faccio una valutazione di ciò che faccio e che ascolto. Tra i tanti generi, devo dire che non amo il Rap. È un genere nel quale mi riconosco poco. Anche se, quando lo stesso Rap è accompagnato da una melodia, mi risulta molto più piacevole e orecchiabile.
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